martedì 5 maggio 2020

IL TERRITORIO NELLA FILOSOFIA MEDIEVALE E MODERNA (#step12)

 “La città è stata fatta inizialmente in vista del vivere (gratia vivendi), cioè affinché gli uomini trovassero a sufficienza ciò di cui potessero vivere, ma dal suo essere deriva non solo che gli uomini vivano, bensì che vivano bene (quod bene vivant), in quanto attraverso le leggi della città la vita degli uomini è ordinata alle virtù”

   San Tommaso d'Aquino, In octo libros Politicorum Aristotelis expositio, I, lectio I, 31. (Fonte:Prodocs.org)

Tommaso d'Aquino (1225-1274) è uno dei più noti filosofi medievali. In questo periodo la filosofia si occupa principalmente di rileggere i testi della filosofia antica reinterpretandoli in chiave religiosa. Più precisamente, San Tommaso studia sopratutto i testi di Aristotele rivisitandoli secondo l'interpretazione cattolica.
Nella citazione proposta, Tommaso d'Aquino riprende la teoria del bene aristotelica. L'uomo è parte di una società (civitas) che deve perseguire come obiettivo principale il bene comune. Esso è garantito dalla giustizia che permette agli uomini di vivere secondo virtù; Attenzione: il bene comune coincide con il bene della città ma non aliena il bene del singolo. Si noti sopratutto che per il filosofo la città non coincide con un ben definito agglomerato urbano, bensì, è il territorio di una moltitudine di persone, in altre parole, si avvicina più al concetto di polis greca che non a quello di città moderna. Perciò nell'accezione di San Tommaso il territorio è inteso più come realtà politica che come ente geografico.

“Così il lavoro, all’inizio, diede un diritto di proprietà dovunque qualcuno volesse servirsene su ciò che era comune, che rimase a lungo la parte di gran lunga maggiore, ed è ancora più di quanto l’umanità ne faccia uso. All’inizio, gli uomini per lo più si accontentarono di ciò che la natura incolta offriva alle loro necessità; in seguito, tuttavia, in alcune parti del mondo (dove con l’aumento della popolazione e dei beni e con l’uso della moneta, la terra divenne scarsa, e quindi di qualche valore) le diverse comunità fissarono i confini dei diversi territori, e, per legge, regolarono tra loro le proprietà dei privati all’interno della loro società, e così, per contratto e consenso, stabilirono la proprietà cui il lavoro e l’industria avevano dato origine. Mediante alleanze, strette tra loro, i diversi stati e regni, disconoscendo in modo espresso o tacito ogni rivendicazione e diritto alla terra in possesso di altri, hanno, per comune consenso, rinunciato a ogni pretesa al diritto naturale comune che originariamente avevano su quei paesi; e hanno così, per accordo positivo, definito le loro rispettive proprietà su diverse parti del mondo. Vi sono tuttavia grandi aree della terra che devono essere scoperte, che rimangono terra di nessuno (poiché i loro abitanti non si sono uniti al resto dell’umanità consentendo all’uso comune del denaro), che sono più estese di quanto la popolazione che le abita possa farne uso o ne usi, e così rimangono ancora comuni; benché ciò possa difficilmente accadere tra quella parte dell’umanità che ha consentito all’introduzione della moneta”
John Locke, Due Trattati sul Governo, cap.V, II trattato. (Fonte:unipi.it)

Qualche millenio dopo, John Locke (1632-1704) nel suo scritto “Due Trattati sul Governo” affronta temi di filosofia politica parlando, ovviamente, anche del concetto di territorio. Il filosofo inglese afferma una tesi espressa da molti pensatori di quel periodo secondo la quale la necessità degli uomini di riunirsi in società governate da stati nacque in seguito all’avvento della proprietà privata: in seguito all’aumentare della popolazione, le terre che prima erano comuni ed utilizzate per il sostentamento della comunità, acquistarono valore poiché divennero più scarse se rapportate alla popolazione; si rese perciò necessario regolare i rapporti tra le proprietà interne alla comunità al fine di garantire il quieto vivere, perciò nacque lo Stato. Inoltre, fu indispensabile determinare i confini entro il quale aveva potere ogni organo governativo. Si noti che il pensiero espresso da Locke ricorda in parte quello di Platone (Platone, stato ideale e territorio). Confrontando i due concetti di territorio affrontate in questo post si può affermare che, sebbene i due pensieri siano ovviamente condizionati dal periodo storico e dalla vita dei due filosofi, essi presentino molti punti di contatto. Locke si concentra maggiormente sul processo che ha portato il territorio da ente geografico a ente politico, mentre San Tommaso si sofferma più sul legame tra il territorio e il benessere della comunità.

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